Telemarketing: intervista a Marco Maglio e Daiana Gronchi

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I dati parlano chiaro. Nonostante la crescita del digitale, sempre più aziende in Italia scelgono di affidarsi al telemarketing per le proprie campagne di direct marketing. Il caro e vecchio telefono offre infatti garanzie di contatto che altri mezzi più “impersonali” non assicurano. Ma è fondamentale che aziende, fornitori di database e call center conoscano nel dettaglio le norme e le leggi che regolano il trattamento dati personali. Ecco i consigli dell’avvocato Marco Maglio, specializzato in privacy e trattamento dati, e di Daiana Gronchi, Country Manager di AdSalsa

Daiana GronchiQual è la situazione attuale del mercato del telemarketing in Italia? A quali aziende consiglierebbe di puntare su questa attività?

DG – Il mercato italiano dell’outbound è in continua crescita come dimostrano i dati sul fatturato del 2013: +7% rispetto al 2012. Oggi, infatti, il telemarketing è ancora lo strumento principale per chi fa direct marketing e il suo utilizzo varia dalle piccole alle grandi aziende. In Italia oltre il 50% del mercato outbound è costituito da società che operano nel settore delle utility e delle telecomunicazioni. Tuttavia le cosidette “cold calling”, cioè telefonate su database prospects, sono ormai utilizzate in diversi altri settori come l’editoria, la formazione, il beverage…

Telemarketing e tutela della privacy sono sempre state legate a doppio filo. Quali sono le regole che un’azienda deve seguire per operare in sicurezza?

MM – Le regole essenziali sono tre: scegliere accuratamente le liste e verificarne la legittimità di utilizzo, curare con attenzione la stesura dello script prevedendo uno spazio adeguato per la gestione delle obiezioni circa il trattamento dei dati personali, verificare la formazione degli operatori dei call center. In particolare, scegliere bene la lista significa controllare se l’elenco è composto da persone che hanno dato il consenso a ricevere telefonate oppure se sono numerazioni di utenti provenienti da elenchi pubblici. Nel primo caso occorrerà controllare se davvero i consensi esistano (mediante verifiche a campione) e se l’informativa resa al momento della raccolta sia idonea. Nel secondo caso, invece, andrà chiarito da quale lista pubblica provengano i dati e, se la fonte è il Database Unico, verificare che i numeri che si intende chiamare non siano presenti nel Registro delle Opposizioni

Quali consigli darebbe alle aziende per indirizzarli nella scelta del database giusto?

DG – Per prima cosa definire bene il target più adatto al proprio prodotto o servizio. Successivamente, prediligere un database formato da numerazioni cellulari. Le campagne verso un’utenza mobile, oltre all’alta recapitabilità, permetteno infatti, se ben segmentate, di colpire con efficacia il target ricercato. Infine, è fondamentale informarsi sempre sulla fonte del dato, sulla modalità di raccolta, sul tipo di informativa fornita all’utente al momento del consenso, su come è stato trattato successivamente, etc..

Uno spartiacque nel mondo del telemarketing è stato l’introduzione nel 2011 del Registro delle Opposizioni. Cosa è cambiato in sostanza per le aziende?

MM – In pratica è sorto un onere in più a carico delle aziende che usano l’elenco telefonico per creare liste per campagne di telemarketing outbound su prospects. Queste imprese devono infatti controllare, prima di usare le liste, che i numeri non siano presenti nel Registro delle Opposizioni. Ricordo che l’obbligo di usare il Registro è previsto solo se i numeri che si vogliono utilizzare sono stati estratti dagli elenchi telefonici ( il cosiddetto DBU) e se la finalità della chiamata è la vendita diretta, l’effettuazione di una ricerca di mercato, l’invio di materiale promozionale o fissare un appuntamento per presentare prodotti o servizi.

L’introduzione del Registro delle Opposizioni come ha cambiato il lavoro?

DG – L’introduzione del Registro delle Opposizioni non ha avuto particolari influenze sul nostro modo di captare le anagrafiche, essendo queste raccolte con il consenso libero e incondizionato da parte dell’utente. Ma proprio per questo motivo, dopo l’introduzione del Registro, i nostri database hanno assunto maggiore valore. Il numero degli abbonati iscritti al Registro delle Opposizioni è infatti in forte crescita, basti pensare che a marzo 2011 gli iscritti erano 185.426, mentre solo due anni dopo il numero è salito a 1.263.087.

Qual è la posizione dell’Unione Europea nei confronti del Registro delle Opposizioni?

MM – In termini generali va detto che quasi tutti i Paesi europei hanno liste di cancellazione.  Anche gli Stati Uniti, da tempo, hanno una “Do not call list” che limita le campagne di telemarketing. La particolarità del Registro delle Opposizioni è che introduce un principio che si pone in netto contrasto con le regole vigenti nel nostro Paese per regolare l’uso dei dati personali a fini commerciali: l’opt out. In pratica si chiede al cittadino di attivarsi per impedire l’uso dei suoi dati mentre la regola generale prevede l’esatto contrario. E’ certo che con l’approvazione del nuovo regolamento europeo sul trattamento dei dati personali , che si prevede entrerà in vigore nel 2016,  il Registro delle Opposizioni non sarà più compatibile con i principi che regoleranno l’uso dei dati personali a fini commerciali e che si baseranno sull’informativa preventiva e sul consenso consapevole dell’interessato.

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