Organizzazione, nuove tecnologie e incentivi ai dipendenti. Sono solo alcuni degli aspetti da tenere in considerazione nella fase di consolidamente di un call center e che possono fare la differenza in termini di efficenza e ritorno d’investimento. Elementi che diventano ancora più importanti se si è costretti a gestire oltre 20 milioni di chiamate al mese, come succede a Tom Kenny, Telerecruiment Operation Support Director di Croce Rossa USA. Kenny è stato ospite del Call Center Summit for the Public Sector 2015 di Washington dove ha parlato della sua esperienza a capo di uno dei più grossi call center statunitensi. Ecco una breve intervista rilasciata all’organizzazione dell’evento.
Qual è la più grande sfida per i vostri call center, considerato che siete un’organizzazione no-profit?
La più grande sfida che quotidianamente siamo costretti ad affrontare è il turnover dei dipendenti. In ogni impresa attrarre nuovi talenti è la chiave del successo ed essendo una no-profit i nostri stipendi tendono ad essere un po’ più bassi rispetto alla media degli altri call center. Fortunatamente, a nostro favore abbiamo un brand molto forte e le possibilità di crescita professionale all’interno della nostra organizzazione sono numerose.
Qual è stata la più grande sfida durante la fase di preparazione e consolidamento dei vostri call center?
Il rischio è sempre quello di volere fare tutto insieme, rischiando una perdita nell’efficenza. Il nostro primo obiettivo è stato quello di passare da 26 call center a 7 divisioni, ognuna con compiti e standard differenti. Dopo quattro anni siamo riusciti in questo passaggio senza perdere efficenza, anzi, aumentando la produzione. La seconda sfida è stata la standardizzazione del lavoro. Avevamo 26 differenti call center che lavoravano ognuno in un modo diverso e con una diversa tecnologia. È stata dura cambiare la mentalità del “questo è il metodo che abbiamo sempre utilizzato” ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Infine, la terza sfida è stata organizzare le priorità. La nostra principale attività è infatti quella di trovare donatori di sangue ma siamo anche un’organizzazione che deve aiutare nei momenti di crisi e perciò dobbiamo reagire subito alle varie esigenze.
Come motivate i vostri dipendenti?
Come in altri call center diamo incentivi mensili, organizziamo piccole sfide, premiamo l’operatore del mese, etc.. E poi siamo convinti che una comunicazione trasparente sia la chiave di tutto: informiamo sempre lo staff sugli eventi e sui corsi di aggiornamento organizzati dall’azienda, e due volte all’anno l’Executive Director visita le varie sedi per rispondere a tutte le domande dei dipendenti.
Come controllate e sviluppate il vostro servizio?
Abbiamo dieci persone del Quality and Service Team che monitorano costantemente le chiamate e che studiano gli script utilizzati gli operatori, sia per l’inbound che per l’outbound. Tutte le oltre 20 milioni di chiamate che riceviamo o effettuiamo al mese vengono registrate e tracciate in modo da poter valutare e aiutare nella formazione l’operatore. Sia il Quality and Service Team che i supervisor sono chiamati a dare periodicamente un giudizio sugli operatori e la differenza tra le due valutazioni non deve mai essere superiore al 5%. Un giudizio che è inoltre uno dei fattori che determinano il bonus mensile riservato ai dipendenti.
Come le nuove tecnologie hanno trasformato i vostri call center negli ultimi 5 anni?
Sia il passaggio a una piattaforma multichannel condivisa sia l’implementazione di un singolo CRM con tutti i donatori di sangue presenti negli Stati Uniti hanno rappresentato un miglioramento notevole per i nostri call center, anche se all’inizio non è stato facile e non sono mancati alcuni disagi. Da segnalare anche l’apporto fondamentale dell’Interactive Intelligence Inbound ACD and Outbound Dialer, che ha prodotto una maggiore efficenza e una più alta capacità di monitorare produttività e qualità.